A stabilirlo è una recente sentenza della Cassazione, la numero 21520/2024: a stabilire l’ammontare dei compensi nelle Pa non è il contratto individuale ma il CCNL, che non ammette importi “extra” non previsti.
Il CCNL, acronimo di Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, è un accordo scritto che definisce le condizioni di lavoro per un intero settore o categoria di lavoratori a livello nazionale. Viene stipulato tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le associazioni dei datori di lavoro, e rappresenta una sorta di “contratto quadro” che fissa le regole generali applicabili a tutti i rapporti di lavoro rientranti nel suo ambito di applicazione.
Il contratto individuale, invece, è un accordo stipulato tra un singolo lavoratore e un singolo datore di lavoro. Definisce le condizioni specifiche del rapporto di lavoro tra le due parti, come l’orario di lavoro, la retribuzione, le ferie e così via.
Il principio di base sottolineato nella sentenza della Cassazione è che il CCNL ha una forza normativa superiore rispetto al contratto individuale. In caso di conflitto tra le due fonti, prevale sempre il Contratto Nazionale.
Nel caso in esame, come si legge dal testo della sentenza, risulta applicato il CCNL di settore (Comparto sanità, area dirigenti non medici) visto che gli avvocati si trovano alle dipendenze dell’azienda sanitaria pubblica, e non le tariffe approvate con il Regolamento del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.
Secondo i giudici il CCNL ha infatti lo scopo di garantire a tutti i lavoratori della stessa categoria le medesime condizioni economiche e normative. Pertanto rappresenta un punto di riferimento fondamentale per garantire l’equità nei rapporti di lavoro. Gli accordi individuali non possono così introdurre disparità o privilegi rispetto a quanto stabilito dal contratto collettivo.
La contrattazione collettiva è un elemento essenziale che rappresenta il frutto di un confronto tra le parti sociali, sindacati e datori di lavoro, e mira a definire le condizioni generali di lavoro per un intero settore o categoria. La sentenza in esame riafferma il ruolo centrale della contrattazione collettiva nel sistema giuridico italiano e la necessità di tutelarla da eventuali erosioni da parte di accordi individuali.
Va anche precisato, come enunciato dalla sentenza, che ovviamente gli accordi individuali possono derogare al contratto collettivo solo in meglio, mai in peggio. Ciò significa che un accordo individuale può prevedere condizioni più favorevoli rispetto a quelle stabilite dal CCNL, ma non può mai peggiorarle.
Tuttavia, nel caso in esame, la richiesta degli avvocati di ottenere compensi aggiuntivi non previsti rappresentava una deroga in meglio, ma si considera illegittima in quanto contrastante con il principio generale di parità di trattamento.

Ufficio stampa FSI-USAE

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