Una recente sentenza della Corte Suprema stabilisce che il tempo dedicato al pasto non rientra nell’orario di lavoro, ma conferma il diritto ai buoni pasto per turni oltre le 6 ore.

La sentenza che cambia le regole – L’ordinanza 31.07.2024, n. 21440, emessa dalla Sezione Lavoro della Suprema Corte, ha stabilito che il tempo dedicato alla consumazione del pasto non rientra nell’orario di lavoro.

Tuttavia, la stessa sentenza ha confermato il diritto dei lavoratori a ricevere buoni pasto per i turni che superano le 6 ore. Questa pronuncia è destinata a influenzare significativamente le pratiche aziendali e i diritti dei lavoratori in tutto il Paese.

Caso in esame – La vicenda ha avuto origine da un ricorso presentato da un’azienda ospedaliera contro una sentenza della Corte d’Appello di Messina. Il tribunale di secondo grado aveva riconosciuto a una dipendente turnista il diritto ai buoni pasto per i turni lavorativi che superavano le 6 ore, condannando l’azienda al risarcimento dei danni. L’ospedale aveva contestato questa decisione, sostenendo che il contratto collettivo nazionale del lavoro (CCNL) del settore Sanità, integrato dal D.Lgs. 66/2003, non prevedesse il diritto ai buoni pasto, ma solo a una pausa durante il turno.

Interpretazione della Corte – I giudici della Cassazione hanno respinto il ricorso dell’azienda ospedaliera, confermando le decisioni dei tribunali di grado inferiore. La Corte ha chiarito che il diritto ai buoni pasto è strettamente connesso al diritto alla pausa, sancito dalla legge per i lavoratori che svolgono turni superiori alle 6 ore. Questa pausa, secondo l’interpretazione della Corte, è essenziale per il recupero delle energie psicofisiche e per la consumazione del pasto. Di conseguenza, i lavoratori che svolgono turni prolungati hanno diritto non solo alla pausa, ma anche ai buoni pasto corrispondenti.

Conseguenze per lavoratori e aziende – Da un lato, i dipendenti vedono rafforzato il loro diritto a ricevere buoni pasto per i turni prolungati, indipendentemente dal fatto che la pausa pranzo sia compresa o meno nell’orario di lavoro. Dall’altro, le aziende dovranno adeguare le loro politiche interne per garantire il rispetto di questo diritto, potenzialmente affrontando costi aggiuntivi. La decisione sottolinea l’importanza di un equilibrio tra le esigenze produttive delle aziende e il benessere dei lavoratori, riconoscendo la necessità di pause adeguate durante i turni lunghi.

La Corte riafferma il principio secondo cui il momento del pasto rappresenta una pausa dalle attività professionali e riconosce, allo stesso tempo, l’importanza di garantire ai lavoratori un supporto concreto per la loro alimentazione, specialmente durante le giornate lavorative più impegnative.

Il pronunciamento della Cassazione potrebbe determinare un cambiamento nelle politiche aziendali, spingendo verso una maggiore attenzione al benessere dei dipendenti.

Ufficio Stampa FSI-USAE

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